GOMITO DEL TENNISTA: I PRIMI PASSI NELLA FISIOTERAPIA

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Il gomito del tennista o scientificamente epicondilite è il principale nemico di ogni giocatore di tennis paddle in tutto il mondo. Il gomito del tennista infatti non è solo una delle lesioni più comuni che caratterizzano questi sport ma anche quella più difficile da trattare, soggetta ad attacchi ricorrenti e che può durare per diverse settimane o mesi. La durata media di un tipico episodio di gomito del tennista infatti può essere compresa tra sei mesi e due anni.

Questa lesione è una vera e propria risposta tendinea degenerativa dovuta ad una mancata guarigione, facilmente diagnosticabile a causa dell’elevato numero di fibroblasti, all’ iperplasia vascolare e al collagene disorganizzato. Generalmente questa lesione, estremamente dolorosa e fastidiosa, colpisce dal'1% al 3% della popolazione generale, ma aumenta al 19% tra i 30 e i 60 anni di età; sembra inoltre essere più grave e di lunga durata nelle donne rispetto che negli uomini.

L’epicondilite inoltre è correlata anche a particolari tipologie di lavoro che causano rotture macroscopiche e microscopiche dell'estensore radiale. In particolare questa patologia ha una presentazione clinica ben definita e  i principali disturbi sono il dolore e la  ridotta forza di presa, che possono entrambi influenzare le attività della vita quotidiana. La diagnosi è semplice e può essere confermata da test che riproducono il dolore, come la palpazione sulla faccetta dell'epicondilo laterale, l'estensione del polso con resistenza, l'estensione del dito medio con resistenza e la flessione passiva del polso.

 

Dal momento che i sintomi del gomito del tennista sono chiari e la sua diagnosi facile, sono stati proposti diversi approcci terapeutici per ridurre il dolore e migliorare la capacità funzionale del gomito. In letteratura sono stati riportati oltre 40 strategie terapeutiche differenti ma da sempre il primo passo terapeutico prevede il riposo e la somministrazione di farmaci che forniscono sollievo dal dolore a breve termine. Solo successivamente è consigliato il trattamento fisioterapico che si è dimostrato non solo efficace ma anche estremamente risolutivo il che permette agli atleti di tornare immediatamente sul campo da gioco.

Generalmente la strategia terapeutica ottimale comprende prima una terapia manuale per alleviare il doloree migliorare il range di movimento dell'articolazione (ROM), tenendo conto che deve essere eseguito sotto la soglia del dolore.

In una fase successiva invece è consigliato un massaggio traverso profondo sulle inserzioni tendinee dei muscoli coinvolti, la tecarterapia in modalità resistiva sulle inserzioni tendinee, ed in modalità capacitiva lungo le fasce dei muscoli interessati, la laserterapia per lo spiccato effetto antalgico, antinfiammatorio e biostimolante e infine l’applicazione combinata di US, TENS e esercizi di stretching.  Questa combinazione  è estremamente efficace nel trattamento dei disturbi muscoloscheletrici soprattutto per la sua azione angiogenica, analgesica e per gli effetti antinfiammatori se applicati sulla zona dolorante.

E’ infine importante ricordare che, in questa patologia, come nel resto delle tendinopatie, si ottengono buoni risultati rafforzando la zona interessata; l'allenamento eccentrico riduce il dolore e migliora la funzionalità. Inoltre il consiglio per tutti i tennisti è quello di controllare che la propria racchetta abbia le caratteristiche adatte come  impugnatura, materiali, peso ecc. e usare sempre polsiere o tutori per prevenire l’insorgere dell’infiammazione.