PUBALGIA: IL DISTURBO DEGLI SPORTIVI E NON SOLO

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Quante volte abbiamo sentito parlare di pubalgia negli sportivi come ad esempio i ciclisti?

 

Sicuramente tantissime volte, questo perché la pubalgia viene considerata oggi una delle condizioni patologiche muscolari più frequenti nella popolazione, soprattutto tra gli sportivi. In passato erano colpiti esclusivamente gli atleti di alto profilo agonistico, in seguito il problema si e' diffuso ad ogni livello sportivo, tanto da interessare attualmente soprattutto gli atleti di livello intermedio. Il dolore alla regione inguinale infatti è estremamente comune negli atleti, in particolare in coloro i quali praticano discipline sportive che richiedono l’impegno massiccio della muscolatura addominale inferiore e di quella prossimale della coscia, come il calcio, l’hockey, il rugby e la corsa di fondo.

Nonostante l’alta prevalenza del dolore inguinale cronico negli sportivi, la causa è difficilmente individuabile per la complessità dell’anatomia locale ed è per questo motivo che è necessario un approccio multidisciplinare. Ad esempio il medico specialista deve prestare particolare attenzione alle deformità pre-artritiche dell'anca per evitare danni irreversibili dell'articolazione dell'anca. Inoltre mediante un'anamnesi meticolosa del paziente e l'identificazione del carattere del dolore, seguiti da indagini clinicheecografiche e radiografiche, è generalmente possibile ottenere una diagnosi differenziale.

Classicamente il paziente lamenta un dolore insidioso, monolaterale, crescente a livello sovrapubico con irradiazione lungo la muscolatura adduttoria e/o addominale, in direzione del perineo e degli organi genitale. Il dolore compare durante l’attivita' sportiva e in genere si risolve o si attenua con il riposo. Inoltre risulta esacerbato dai movimenti di accelerazione improvvisa come la torsione, i cambi di direzione, la scivolata, ma anche semplicemente da tosse e starnuti.

 

Ma quali sono i trattamenti più indicati?

 

Il trattamento conservativo rappresenta il primo approccio terapeutico raccomandato: include riposo funzionale, astensione dallo sport e riabilitazione mirata. Inoltre la maggior parte degli studi presenti in letteratura mostra un miglioramento significativo dopo 6-8 settimane di terapia riabilitativa.

Sicuramente un programma di riabilitazione completo ha come primo obiettivo quello di ridurre l’infiammazione e successivamente riacquisire la coordinazione e la forza dei muscoli adduttori, dei flessori, dei rotatori interni ed degli estensori dell’anca nonche' degli stabilizzatori del bacino e della muscolatura lombo-pelvica. Nel dettaglio il protocollo riabilitativo puo' avvalersi dell’associazione con terapie infiltrative steroidee a livello della sinfisi pubica o all’inserzione tendinea dei muscoli adduttori e con tecniche di fisioterapia manuale che riescono a eliminare le aderenze che si vengono a creare nei tessuti addominali e inguinali.

E' certo che concentrandosi sulla stabilità e sulla corretta biomeccanica del corpo, il protocollo riabilitativo riporterà gradualmente l’atleta all’attivita' sportiva desiderata.